martedì 31 maggio 2016

Recensione: Ruggine di Anna Luisa Pignatelli

Titolo: Ruggine
Autore: Anna Luisa Pignatelli
Casa editrice: Fazi Editore
Numero di pagine: 151
Formato: Cartaceo

Ruggine è un racconto che si inserisce magistralmente nel solco di un’illustre tradizione narrativa. Libro dalla lingua evocativa, quasi poetica, ricostruisce la storia di una donna ormai anziana che vive in un paese di poche anime, grette e crudeli. Vicende aspre, paesaggi violenti, orizzonti senza speranza: sullo scenario di una Toscana letteraria e allo stesso tempo autentica, gli abitanti del piccolo centro commetteranno ogni tipo di angheria ai danni della donna, vittima suo malgrado di una persecuzione collettiva per via del suo torbido passato. Il mistero di Gina, da tutti chiamata Ruggine per l’attaccamento a Ferro, un gatto che ora è l’unica compagnia di una vita altrimenti desolata, ruota attorno a un fatto atroce accaduto anni prima: suo figlio, malato, e ora rinchiuso in manicomio, una volta morto il padre aveva iniziato ad abusare di lei che, spaventata, non aveva avuto la forza di reagire, fino all’inevitabile arrivo dei servizi sociali. Ruggine da allora è il demonio, la strega, messa al bando dalla comunità e perseguitata con atti di sopraffazione meschina, privi di ogni tipo di pietas. Da qui la grande solitudine della donna fino allo straziante epilogo nel rovesciamento di ogni senso comune di pietà e giustizia.

Ruggine è un romanzo sottile di dimensioni ma denso di contenuti. Gli argomenti trattati sono attuali e importanti e mi sono rimasti impressi più del libro in sè. Come romanzo, infatti, non posso dire che mi sia piaciuto in modo particolare, ma mi ha suscitato un bel po' di riflessioni.
La protagonista del romanzo è Gina, da tutti a Montici - un paesino della Toscana - chiamata Ruggine per il suo attaccamento al gatto Ferro, unica compagnia della sua vecchiaia. Da un punto di vista umano, la vita di Gina è pura desolazione: è vedova da anni, il figlio Loriano è internato all'Olmo, una struttura psichiatrica (più una comunità, a dire il vero) e vive circondata dall'odio dei compaesani, dalla diffidenza e dalle male voci. E il suo passato è ancora più miserabile e infelice: il matrimonio col Neri è stato piatto e privo di vera passione e, anche se non infelice, decisamente non felice; odiata in gioventù dalla madre e dalla sorella; madre di Loriano, che le ha causato un dolore indicibile, guastandole anche gli ultimi anni di vita. Il figlio, in particolare, è un personaggio fondamentale per capire Gina, è la chiave per cominciare a comprenderla e leggere tra le righe del suo passato.
La sua bolla di solitudine viene infranta da Ferro, il gatto che un giorno la segue fino a casa e non la lascia più. Ferro porta una nuova ondata di affetto in Gina, che credeva di non averne più da dare da quanto accaduto con Loriano; porta vita e giovinezza e diventa l'ancora al mondo di Gina.
Per quanto riguarda il resto, Gina è lasciata completamente sola e allo sbando. Montici, come precisa Gina stessa, è un paese di vecchi. In ogni ora del giorno e della notte c'è qualcuno che, dietro a una tenda, spia cosa fanno i vicini e i passanti; ogni scusa è buona per denunciare, mandare lettere anonime, fare pettegolezzo. Esempio perfetto e simbolico di questa fulgida umanità è la vicina di Gina, la professoressa, come la chiama. Vedova e molto colta, desidera da anni comprare l'appartamento di Gina per poterci conservare i suoi tanti libri e conta i minuti che la separano dalla morte della vecchia strega e dal raggiungimento del suo obiettivo. Nel mentre, si limita a riservare a Gina tutta la sua collera e il suo disprezzo. 
Altro antagonista della storia è il Sestini, il padrone di casa di Gina, della professoressa e di chissà quanti altri. Avido e spietato, desidera togliersi di torno Gina per poter vendere a buon prezzo l'appartamento alla professoressa. Sarà lui - o almeno, così sospetta Gina - a organizzare un'intimidazione dietro l'altra, nella speranza di farla sloggiare prima del tempo.
Oltre a loro, gli altri personaggi che si muovono nel romanzo e hanno un'identità definita sono Loriano, che vive nel ricordo ma che è sempre presente, Tamara, una ragazza che sembra essere amica di Gina, uno zingaro violinista nel quale Gina ripone la speranza di una nuova vita e don Feliciano, il prete di colore di Montici.
Uno degli argomenti centrali del romanzo è la vecchiaia. Permea ogni pagina e riempie i pensieri di una protagonista ormai in declino. La vecchiaia e la morte, con cui convivono gli abitanti di Montici, sempre con il fiato sospeso su chi sarà il prossimo, sempre tentando di ingannarla con una falsa gioventù e una simulata disinvoltura dei movimenti. A Montici vive quella vecchiaia che più disprezzo: quella egoista e chiusa in sè, che non ha motivo di vedere il nuovo giorno se non per pura ostinazione e cieco terrore. Una vecchiaia che è stereotipo e che non mi è facile sopportare e che fin troppo comodamente si appaia all'ipocrisia e al bigottismo di una religione fin troppo formale.
Quello su cui volevo concentrarmi, però, è il rapporto tra Gina e Ferro. Come sapete, qualche tempo fa Papa Francesco ha fatto un discorso che gli è valso le critiche e il biasimo di metà mondo. In questo discorso, in sostanza, ha detto che spesso si amano più gli animali domestici delle altre persone (qui maggiori informazioni) e che questo è sbagliato. Ora, non mi mischio nella questione - a mio parere è stato interpretato male - ma voglio comunque analizzare questo concetto in relazione al romanzo e, per estensione, alla vita. Se è vero, infatti, che certe volte teniamo di più al nostro gatto che al nostro vicino, è anche vero che gli animali ci fanno dono di un amore puro e incondizionato, mentre spesso dalle altre persone non riceviamo che cattiveria e solitudine. Gina ama il suo gatto più del figlio ("nella mia vita ho amato solo te e il Neri", gli dirà a un certo punto), ma si parte sempre dal presupposto che il figlio le ha fatto cose indicibili. Se gli abitanti di Montici e le altre persone della sua vita le avessero riservato amore, amore Gina avrebbe dato loro. E invece l'unico ad amarla e ad alleviarle gli ultimi anni è un gatto! Il succo del mio discorso, dunque, è che un animale domestico non è semplicemente un peluche, che si vizia e si coccola e si mostra con orgoglio alle amiche: è una parte importante dell'umanità. 
Come ho accennato all'inizio, non ho amato questo libro. Il motivo principale è che non sono riuscita ad immedesimarmi, a comprendere la protagonista. Gina mi è distante in tutto: in età, in pensieri, in comportamenti. Probabilmente sono troppo giovane io e non riesco a immedesimarmi in una donna così anziana, che ha davanti a sè solo la morte da contemplare. Ma Gina è tenacemente attaccata alla vita, non la vuole lasciare, è determinata a sopravvivere - anche solo per dispetto - a tutta quella gente che non le augura che male. Ecco, neanche questo ho potuto capire. La vita di Gina non è che solitudine, dolore e tristezza. Che senso ha attaccarvisi così, a maggior ragione dal momento che, a detta della stessa protagonista, non teme la morte? Il mio grande interrogativo, però, è un altro. Gina vive da sola da 12 anni. 12 anni in cui i compaesani l'hanno odiata, malignata ed evitata; 12 anni con la consapevolezza che tutti sapevano ciò che faceva Loriano e nessuno è intervenuto, se non alla fine, per dire cattiverie e giudicarla. Che senso ha rimanere a Montici? Che senso ha lamentarsi della gente che ci vive se poi, quando può, non se ne va? Sono tutte cose che non capisco e che mi hanno allontanata da Gina.
Per il resto, la scrittura è evocativa e non fa che porre il contrasto tra la bellezza del mondo che ci è dato abitare e la meschinità che nutre l'uomo. Gina ama il mondo, la natura; sono i conoscenti che disprezza. Si illude che da qualche parte possa essere diverso e sogna una nuova vita, un ultimo guizzo di speranza prima della rassegnazione finale.
Un libro angosciante e claustrofobico, con un finale che lascia l'amaro in bocca. Una storia particolare che, purtroppo, non mi ha convinta. 












2 commenti:

  1. Non ne avevo mai sentito parlare e, nonostante quell'amaro in bocca, mi hai incuriosita!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sono felice di averti incuriosita e mi piacerebbe avere un riscontro:) Un abbraccio!

      Elimina