lunedì 23 ottobre 2017

Recensione: Il racconto dell'ancella di Margaret Atwood

Titolo: Il racconto dell'ancella
Autore: Margaret Atwood
Traduttore: Camillo Pennati
Casa editrice: Ponte alle Grazie
Numero di pagine: 398
Formato: Cartaceo

In un mondo devastato dalle radiazioni atomiche, gli Stati Uniti sono divenuti uno Stato totalitario, basato sul controllo del corpo femminile. Difred, la donna che appartiene a Fred, ha solo un compito nella neonata Repubblica di Galaad: garantire una discendenza alla élite dominante. Il regime monoteocratico di questa società del futuro, infatti, è fondato sullo sfruttamento delle cosiddette ancelle, le uniche donne che dopo la catastrofe sono ancora in grado di procreare. Ma anche lo Stato più repressivo non riesce a schiacciare i desideri e da questo dipenderà la possibilità e, forse, il successo di una ribellione. Mito, metafora e storia si fondono per sferrare una satira energica contro i regimi totalitari. Ma non solo: c'è anche la volontà di colpire, con tagliente ironia, il cuore di una società meschinamente puritana che, dietro il paravento di tabù istituzionali, fonda la sua legge brutale sull'intreccio tra sessualità e politica. Quello che l'ancella racconta sta in un tempo di là da venire, ma interpella fortemente il presente.

Buongiorno a tutti e buon inizio settimana! Oggi vi parlo di un libro piuttosto chiacchierato fino a qualche tempo fa, regalatomi da un'amica (grazie Fede:-*) per il mio compleanno.
Sebbene conoscessi questo romanzo da anni, non mi aveva mai attirata (il distopico non è il genere che prediligo e la trama non mi ispirava troppo). Poi, con la serie tv, tutti hanno iniziato a recuperarlo e, in breve, mi sono trovata la bacheca di facebook invasa da commenti entusiasti. A questo punto la mia curiosità era fortissima e ho deciso di provare a dare un'opportunità a questo libro.
E sono felicissima di averlo fatto.
Pubblicato nel 1985, questo romanzo parla di argomenti che sono, purtroppo, tristemente reali e attuali. La questione femminile - argomento che molti uomini liquidano con una sbuffata - è sempre stata scottante. A dirla tutta, se guardiamo ai tanti secoli trascorsi e ai massacri che hanno sempre caratterizzato l'umanità, vediamo come la persecuzione e l'imposizione violenta nei confronti della donna siano sempre state una costante. In ogni circostanza, la donna è quella che più ha subito, e ancora subisce. La Atwood lo ha capito molto bene e ha gioco facile nel dipingere la civiltà Occidentale - quella che si è sempre ritenuta più avanzata - per quella che è, usando lo stratagemma del distopico per mostrare con più esattezza possibile come anche la società più evoluta covi in sè le stesse meschinità e intolleranze dei Paesi ritenuti culturalmente inferiori. 
In ragione di ciò, ovvero della sua profonda verosimiglianza e attualità, Il racconto dell'ancella è spaventosamente attuale e per questo turba. Turba perchè, decenni dopo la sua pubblicazione, i meccanismi di pensiero alla base di determinate azioni sono esattamente gli stessi, perchè è terribile vedere come si nasconda una volontà di dominio e supremazia disgustose dietro alla scusa più vecchia del mondo: lo facciamo per proteggervi. 

" Esiste più di un genere di libertà, diceva Zia Lydia. La libertà di e la libertà da. Nei tempi dell'anarchia, c'era la libertà di. Adesso vi viene data la libertà da. Non sottovalutatelo."

Un tempo, in quelli che corrispondono abbastanza all'odierna situazione in Occidente, c'era la libertà di - ovvero, semplicemente, la libertà di fare. Nel bene e nel male - e nonostante le leggi, in alcuni casi - c'era il libero arbitrio. Ognuno ne fa poi ciò che vuole e ciò ha portato, nella realtà inventata dalla Atwood, alla libertà da. Le donne non devono più preoccuparsi di essere molestate, violentate; non devono lavorare, ma solo accettare il loro destino di madri. La donna vista come mero contenitore, il sesso finalizzato unicamente alla procreazione e alla continuazione della specie. Non per nulla la distopia di questo libro è a carattere teocratico, perchè mi sembra piuttosto evidente che la religione - nella sua forma più estrema, ovviamente - si è sempre accompagnata alla dittatura, ne è sempre stata la scusa. Si sono uccise più persone in nome di Dio che in nome di qualunque altro ideale. 
Dicevo, la donna come madre, unico modo in cui la donna può essere di una qualche utilità. Il sesso non per piacere ma per un fine più alto - solo per le donne, però. Gli uomini sono una questione a parte, che affronterò dopo. Questa visione della donna vi ricorda qualcosa? Una visione durata secoli e che, in fondo, continua a influenzarci? Magari nel momento in cui tutti si sentono in dovere di chiederti perchè non fai figli, se sei accompagnata e cominci ad essere grande, riservandosi il diritto di giudicarti, per questo. L'accoppiata donna/madre è una delle più profondamente radicate nella nostra cultura ed è difficile uscire da questi schemi. Peggio: la donna spersonalizzata, deumanizzata. La donna, di nuovo, come semplice contenitore.
Ma non tutto è oro quel che luccica (e qui non luccica proprio un bel niente). In una realtà dove la donna è "protetta", dove le Ancelle sono curate e vezzeggiate nella speranza di vederle partorire figli sani, il pregiudizio serpeggia. E così conosciamo un altro fenomeno fin troppo reale: quello delle donne che giudicano e disprezzano altre donne. Le Ancelle sono le puttane, quelle che si congiungono con uomini già sposati per procreare. Le Mogli le odiano - perchè si sentono rifiutate, perchè invidiano i loro grembi fertili; le Marte - le domestiche - le disprezzano, perchè non lavorano e vivono nel lusso. Con gli uomini, a parte i momenti del sesso - agghiaccianti, ma ne riparleremo - non c'è interazione, pena la morte. Le Ancelle sono avvolte in vesti rosse per distinguerle a colpo dì'occhio; vesti informi, che non mostrano le curve e non tentano; e portano velette bianche, che impediscono loro di spaziare con la vista. Camminano con la testa bassa e parlano piano e poco. Nella giornata non hanno altro da fare che fissare il vuoto nella loro stanza, rattrappite in sè stesse.

" Un letto, a una piazza. Materasso semiduro, coperto da un copriletto bianco di lana. Null'altro avviene nel letto che il dormire; o il non dormire. Cerco di non pensare troppo. Al pari di altre cose, adesso, il pensiero dev'essere razionato. Ci sono pensieri che diventano intollerabili quando ci si sofferma troppo. Il pensare può nuocere e io sono decisa a resistere. So perchè non c'è il vetro sull'acquerello di giaggioli blu, e perchè la finestra si apre solo in parte, e perchè è di cristallo infrangibile. Non temono che ce ne andiamo di nascosto. Non arriveremmo lontano. Temono altre fughe, quelle che puoi aprirti dentro, se hai un oggetto con un bordo tagliente."

Ciò che fanno è lasciarsi vivere. Ma alienata è la condizione di ogni donna. Gli unici ruoli che sono previsti per loro sono quelli di Ancella, Moglie e Marta. L'unica eccezione sono le Zie, esempio di come ognuno cerchi solo di preservare sè stesso in condizioni di crisi: donne che indottrinano altre donne. Ci credono davvero? Forse. Dopotutto, ci viene detto che furono molte le donne a gioire di questo ritorno ai "sani valori tradizionali", agli inizi. Di nuovo, vi ricorda qualcosa? Vi ricorda certi discorsi? Come commenta però Difred con amaro divertimento, sono state le prime vittime di sè stesse. Probabilmente non si aspettavano di rimanere intrappolate nella stessa maglia tessuta da loro. Perchè questo mondo non ha bisogno di donne che non siano uteri e le Mogli dei Comandanti sono le prime a vivere un'esistenza vuota, priva di significato. Il loro unico passatempo e filare per i soldati al fronte, farsi visita l'un l'altra, sperare ardentemente che l'Ancella di turno rimanga incinta, per potersi appropriare del figlio e togliersi finalmente di casa quel promemoria vivente della loro incapacità: non possono avere figli, sono sterili.

" Ora Rachele vide che non poteva partorire figli a Giacobbe, perciò Rachele divenne gelosa di sua sorella e disse a Giacobbe: << Dammi dei figli, altrimenti muoio. >> Giacobbe si adirò contro Rachele e rispose: << Tengo io forse il posto di Dio che ti ha negato il frutto del grembo? >>
Allora ella disse: << Ecco la mia serva Bilha. Entra da lei e lei partorirà sulle mie ginocchia; così anch'io potrò avere figli per suo mezzo >>

Genesi, 30; 1-3"

Questo pezzo, tratto dalla Bibbia, è posto a introduzione del romanzo e, scopriamo, è stato preso dal nuovo regime come giustificazione divina per quello che è, a tutti gli effetti, una poligamia, la giustificazione che si sono dati per un atto che la loro stessa religione non riconosce. Trovato un precedente nella Genesi, dunque, i vecchi e i potenti sfruttano le giovani per avere ciò che non possono avere: i figli. Tutto è partito, infatti, con la carenza cronica di figli, perchè molte donne non ne volevano avere e altre abortivano. Nel momento di massima (per ora) libertà decisionale della donna, un nuovo regime si afferma e, in nome del bisogno di popolare il mondo con nuove generazioni, toglie alle donne tutti i diritti. Ma anche alcuni uomini sono penalizzati da questo nuovo assetto, perchè il sesso può essere praticato solo con le Mogli o le Ancelle e solo chi può permettersele le ha. Succede dunque che sono i vecchi ad aver diritto alle Ancelle e serpeggia il dubbio che queste non rimangano incinta perchè a non essere più in grado sono i Comandanti stessi - ma non si può dire, è contro la legge. Allo stesso modo, i figli concepiti dalle Ancelle vengono loro subito sottratti e diventano di diritto figli delle Mogli, a loro volta sterili o, più spesso, vecchie. Altro sopruso, dunque: il vecchio sul giovane (ma siamo in Italia, no? Certe situazioni non ci giungono nuove).

" (...) Al centro, la tentazione era qualcosa di più che mangiare e dormire. Sapere era una tentazione. Ciò che non sapete non vi tenterà, diceva Zia Lydia.
Forse non voglio sapere veramente ciò che succede. Forse preferisco non sapere. Non sopporto di sapere. La Caduta è stata una caduta dall'innocenza al sapere. "

Altro concetto cardine: la tentazione - e il pericolo - della conoscenza. Su questo la letteratura si è espressa fin dai suoi primordi - dall'episodio biblico della mela (citato nel pezzetto stesso che vi ho riportato) fino a Leopardi e alla sua caduta delle illusioni. La conoscenza è bene o male? Il confine fra la conoscenza dannosa e il male necessario è sottilissimo e non fisso, oscilla continuamente. Una cosa però è sicura, oltre a tutta la teoria: la conoscenza è pericolosa. Non a caso ogni dittatura, come prima cosa, intacca il sapere: riforma le scuole, seleziona i libri, manipola le notizie. E, non sorprendentemente, la prima cosa che viene proibita alle donne è leggere. Le donne non possono leggere, sono private di ogni stimolo creativo e intellettuale (a che serve, siamo solo vagine, no?), che siano Marte, Mogli o Ancelle. La conoscenza è pericolosa perchè mostra altre realtà e può far pensare in maniera autonoma. I governi autoritari ci vogliono ignoranti per poterci plasmare. Non per nulla, Zia Lydia dirà che la loro è una generazione di passaggio, destinata a soffrire nell'adattamento, mentre le generazioni successive sarebbero state felici. Con "di passaggio" intende che loro possono ricordare un altro mondo, un'altra realtà, mentre con lo scorrere degli anni la memoria di ciò che è stata verrà manipolata, cancellata, finchè ognuno penserà che le cose non sono mai andate diversamente.
Una delle cose che più mi ha turbata, infatti, è la velocità con cui un regime all'apparenza del tutto opposto al vecchio si è imposto e come, a distanza di pochissimi anni (non è passato neanche un decennio) uomini e donne che ricordano bene un mondo molto diverso vi si siano adattati come se altre realtà non siano mai esistite. Ma in fondo, se ci pensiamo, è poi così che è sempre avvenuto. Sarebbe bello pensare che rivoluzioni così epocali abbiano incontrato strenua resistenza, ma la verità è che le peggiori dittature si sono instaurate con brevi tempistiche e senza quasi resistenza. Questo, a mio parere, un po' per la sorpresa e la paura ma anche, fondamentalmente, perchè si basano su paure ataviche e irrazionali, perchè si profilano in momenti di crisi e trovare un capro espiatorio alle sofferenze e difficoltà di un popolo ne assicura almeno un iniziale consenso (vi ricorda qualcosa?). Ma io non sono un'esperta e il fenomeno è sicuramente più complesso. Mi limito a riportare mie riflessioni.
Ultimissime considerazioni. Questo libro turba perchè parla di una realtà estrema ma assolutamente possibile (i Paesi islamici ne sono un esempio). Il suo merito è di non fare un discorso fine a sè stesso: la Atwood indaga sulla mentalità alla base di certe situazioni. Per questo è possibile che la distopia che costruisce si avveri: perchè noi per primi, oggi, diciamo le stesse cose. Le donne della nuova America sono alienate, usate, asessuate. Se una donna viene stuprata è perchè ha tentato, ha provocato; e l'uomo che, si sa, "ha le sue esigenze", non ha mai colpe. Questa è una società fatta da e per gli uomini. Quella della Atwood e la nostra, che ne è potenziale madre. Ma capiamoci bene: la Atwood non parla di odio per gli uomini, perchè il femminismo non è questo. La Atwood condanna il patriarcato, che è una struttura sociale promossa da uomini come da donne. Anche gli uomini sono alienati in una società simile e il libro della Atwood, pur concentrandosi per la maggior parte sulla condizione femminile, ce lo mostra bene.
A turbare è lo stile di questa scrittrice. Che, a mio modesto parere, scrive benissimo. La scrittura ha, in questo caso, una perfetta corrispondenza coi contenuti. È uno stile lento - la trama è poverissima -, quasi rattrappito in sè stesso, come la voce narrante. Difred si rinchiude, sprofonda in sè stessa e la scrittura lo riflette benissimo. Spezzato, con qualche accenno di stream of consciusness, non lineare. Ricordi, riflessioni ed eventi si susseguono; a volte Difred inventa e lo sappiamo solo dopo, ma le sue invenzioni, per lei come per il lettore, rendono talvolta torbida la realtà. E il finale è un esempio perfetto di questa eterna indeterminatezza, indeterminatezza che colpisce le donne in primis.
Questo libro mi è piaciuto moltissimo e mi ha dato molto materiale su cui riflettere. Mi ha turbata per la sua aderenza alla realtà, mi ha ammaliata con la sua scrittura. Lo consiglio a tutti, uomini e donne, e mi riservo di mettere le mani su tutto ciò che è reperibile in Italia di questa scrittrice.

Virginia



12 commenti:

  1. Uh che recensione lunga :P
    Da quanto ho capito ti è piaciuto parecchio questo libro (molto fiera di me, ho azzeccato regalo). Purtroppo i libri distopici spesso rappresentano piuttosto bene la nostra realtà ed è proprio per questo che spaventano così tanto. Nonostante io ami il genere mi sa che questo lo passo, per lo stile più che altro che credo non faccia per me, cosa che mi confermerai XD

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    1. Sai che sono logorroica (e qui c'era tanto da dire)XD Regalo sicuramente azzeccato e ti ringrazio di nuovo. Però confermo: lascia perdere, non credo che possa piacerti.

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  2. Prima di tutto: recensione stupenda! Hai analizzato in modo profondo e completo questo libro che trovo importantissimo. Sicuramente è un libro che mi ha messo addosso un’ansia indecente, ma riconosco che è una lettura necessaria, soprattutto nella realtà di oggi. Mentre leggevo, mi stupivo sempre dell’attualità del romanzo, visto che è stato scritto negli anni ’80. Certo ci saranno stati i problemi con le nuove tecnologie ma sicuramente quello che la Artwood ha scritto è molto più attuale oggi che all'epoca. Ma questo è il bello della maggior parte dei libri distopici: non importa quando sono stati scritti, saranno sempre attuali. Ho rivisto tantissimo il mondo di oggi, nella frase che ha detto Zia Lydia sul fatto che una volta scomparsa la memoria, non ci saranno persone pronte a ribellarsi o pensare che una situazione sia sbagliata perché “si è sempre fatto così”. È un concetto attualissimo e totalmente agghiacciante. Poi quando leggi verso la fine che comunque, dopo tutto questo soffrire, non è cambiato assolutamente niente per le donne perché gli uomini vincono sempre come al solito, ti sale addosso una rabbia che butteresti tutto. A questo proposito io ci abbinerei una storia distopica letta quasi in contemporanea, se vuoi darci un’occhiata si chiama When it changed di Joanna Russ. Se la leggi poi scrivimi! Comunque, tra qualche settimana metterò anche la mia recensione sul blog se vuoi passare!
    Scusa il commento infinito.
    Un bacioo

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    1. Grazie mille e non vedo l'ora di leggere la tua recensione^^
      Come dici tu, è un libro attuale e necessario, che deve essere letto anche solo per prendere coscienza di certi meccanismi. Meccanismi che, temo, da un punto di vista globale non cambieranno mai ed è qui che ti viene l'amarezza. Come donne saremo discriminate sempre, purtroppo, perché il patriarcato è spesso favorito da noi per prime.
      Ripeto, curiosa di leggere la tua recensione!

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  3. Una recensione magnifica, Virginia! Dovresti scrivere su riviste di attualità perché chi non conosce il libro potrebbe pensare che questo sia un articolo che tratti di temi attuali...E invece no! Pubblicato nel 1985, anno della mia nascita, 32 anni fa, questo libro dimostra che ieri come oggi le problematiche sono sempre le stesse. Non l'ho ancora letto, anzi, fino a qualche tempo fa non lo conoscevo neanche. Poi l'ho adocchiato su un blog ed è subito finito in wish list. Ora non vedo l'ora di leggero, anche se credo mi angoscerà parecchio!
    Complimenti ancora, Virginia :-*

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    1. Sei sempre troppo gentile:-*
      Secondo me è un libro che dovremmo leggere tutti, ma soprattutto noi donne. Mi dispiace ma gli uomini certe cose non possono capirle, anche quelli che sono per la parità assoluta dei sessi. Questo perché certe dinamiche non li toccano, non fanno pare del loro quotidiano. È importante per noibdonne riflettere su queste cose perché, se mai un cambiamento verrà, proverrà da noi.
      Se poi lo leggi fammi sapere, mi raccomando!

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  4. Il genere distopico non attraeva neanche me, poi alcune prove interessanti mi hanno fatta ricredere a riguardo. Questo romanzo - bellissimo nella tua recensione - sarà fra coloro che leggerò, l'ho adocchiato da diverso tempo e perfino Claudio Magris ne fa un suo editoriale.
    Insomma, s'ha da leggere. :)

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    1. C'è distopico e distopico. Il genere ha in sè molto potenziale, è che spesso viene sprecato per opere mediocri. Prendi un Ishiguro - per non scomodare sempre il solito Orwell - con Non lasciarmi e mettilo in confronto con Divergent o simili. Tutt'altra storia, seriamente. E questa è l'ennesima conferma.
      Si, decisamente s'ha da leggere:)

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  5. Non ho ancora letto nulla di questa autrice, ma qui mi si apre decisamente un mondo. Una volta ero sicuramente più propensa a leggere questi romanzi che hanno tanto da dire e adoravo perdermi più che nelle storie e nelle trame in sè, nelle riflessioni che facevano scaturire. Anche perchè sono sempre stata convinta che un libro debba aprire la mente e condurre laddove da soli non riusciremmo ad arrivare. Non amo molto i distopici ma sono naturalmente interessata a tutto ciò che riguarda la protagonista donna, soprattutto in questo caso in cui si parla molto della società e di tutti i suoi dogmi, nel bene e nel male.
    Una lettura interessantissima anche grazie alle tue parole.
    Un abbraccio!

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    1. Anche per me è stato il primo della Atwood e mi sono totalmente innamorata della sua scrittura meravigliosa*-*
      Il distopico lo leggo poco, ma è un genere con grande potenziale (mal sfruttato, di solito) e mi piacerebbe leggerne altri così! Questo te lo consiglio moltissimo, perchè le riflessioni si sprecano.
      Un abbraccio!

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  6. Ciao Alice, una recensione bellissima, piena, intensa, con la quale hai dato sfogo ai tuoi pensieri e alle sensazioni che il libro ti ha trasmesso. Un plauso al fatto che sei riuscita a farlo senza parlare della trama o della storia in sé, ma hai fatto parlare le tue emozioni. Un libro molto chiacchierato, come hai detto, e e che sicuramente merita di essere letto e soprattutto riflettere dopo averlo fatto. L'idea che la società del romanzo sia stata realizzata sulla nostra è sicuramente agghiacciante, e forse è proprio questa consapevolezza che non mi ha ancora portato ad avvicinarmici. Spero di farlo un giorno e di non arrabbiarmici troppo su, anche se da come scrivi sarà difficile non farlo.
    Grazie per la recensione, è davvero illuminante e convincente. :-)

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    1. Grazie mille per tutto quello che hai scritto! Si, questo è un libro che mi ha suscitato un sacco di emozioni e riflessioni e si, la rabbia è purtroppo inevitabile, così come l'amarezza. Credo sia un libro da leggere per notare come nascano certe cose, per poter riconoscere certi meccanismi e cercare di evitarli - e poi, la Atwood scrive da dio*-*
      Ci vuole però il momento e lo spirito adatti, non è una lettura da affrontare a cuor leggero!

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